di Giovanna Moldenhauer
Asti ha fatto da palcoscenico al Barbera d’Asti Wine Festival, tenutosi in due palazzi del centro storico tra Palazzo del Mechelerio e il vicino Palazzo Alfieri. Siamo stati presenti il secondo giorno partecipando così a un interessante talk sulla comunicazione del vino, di cui riportiamo alcuni stralci dei relatori e del moderatore. Ma non solo proponiamo qualche assaggio dei produttori presenti nei portici del Palazzo che ci ha ulteriormente convinto sulla qualità dei vini prodotti da soci del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, tra interpretazioni sia rosse che di vini bianchi.

Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, fondato nel 1946, ha il compito di tutelare e promuovere le sue denominazioni per garantire la loro diffusione e la loro immagine sui mercati nazionali e internazionali, anche attraverso appositi marchi distintivi.
Attualmente il Consorzio conta più di 410 aziende associate e 14 denominazione tutelate. Vitaliano Maccario, suo attuale Presidente, ha evidenziato l’importanza storica dell’evento “Questa prima edizione del Barbera D’Asti Wine Festival rappresenta un’opportunità imperdibile per esaltare e festeggiare la Barbera, emblema della nostra identità territoriale. Ringrazio gli ospiti per aver accettato l’invito di portare sul palco del Michelerio temi legati al tema del vino ma attraverso una prospettiva diversa quali: la comunicazione, la letteratura, l’architettura, la musica e la comicità. Sono certo che questi eventi siano determinanti per far conoscere un territorio ricco di tradizioni, storia ed eccellenze qual è il Monferrato“.

Luciano Ferraro, vice Direttore del Corriere della Sera, media partner della manifestazione, ha dichiarato “L’idea del Barbera D’Asti Wine Festival è di mettere assieme il racconto del vino con quello del suo territorio attraverso diverse forme artistiche. Il vino è un contenitore di culture, per questo è stato accostato alla musica, alla letteratura, alla comicità, alla fotografia e all’architettura”. Infatti la seconda giornata ha visto prima il dialogo della scrittrice Stefania Auci che ha raccontato a Ferraro la genesi dei suoi best seller, tra cui “I leoni di Sicilia” sulla saga della famiglia Florio, e di come un romanzo può promuovere un territorio narrandone le storie dei protagonisti. Poi si è conclusa con l’umorismo sarcastico di Diego Parassole, attore comico che attraverso l’unione tra comicità e contenuti scientifici ha coinvolto il pubblico in uno spettacolo entusiasmante.
La terza e ultima giornata di questa prima parte del Festival ha visto tra l’altro l’intervento di Giorgio Conte che, durante il talk con la giornalista Roberta Scorranese, ha raccontato della sua infanzia ad Asti e del suo rapporto con il territorio e la musica: “Nella mia vita il buon cibo, la buona musica e il buon vino hanno giocato un ruolo importantissimo, mi reputo un buongustaio e una persona che sa riconoscere un vino buono da uno cattivo. Se dovessi dare un titolo di una canzone a questo mio pensiero sarebbe: la Barbera… una signora da coltivare”.
Come accennavamo nel sommario abbiamo partecipato a un talk “La comunicazione del vino” con Cristina Mercuri, wine educator e fondatrice di Mercuri Wine Club, Francesca Poggio, Vice Presidente dell’associazione Le Donne del Vino e Tinto Prudente, conduttore televisivo e radiofonico. Un incontro moderato da Luciano Ferraro, vice Direttore del Corriere della Sera.
Dal talk “La comunicazione del vino” riportiamo qualche stralcio.
Francesca Poggio nel suo intervento ha affermato “Anni fa il linguaggio del vino era molto tecnico in quanto era frequentato da personaggi indubbiamente preparati, ma che si esprimevano con termini professionali poco comprensibili per i non addetti ai lavori. Oggi invece quando comunichiamo, come nel nostro caso, un messaggio con l’enoturismo i nostri termini rivolti a un cliente, a un consumatore che sceglie una determinata bottiglia, sono più comprensibili in modo di fargli arrivare le nozioni in modo fruibile, perché possa, degustando quel bicchiere di vino che ha scelto, gioirne”.
Le fa eco Luciano Ferraro “Il linguaggio tecnico è rivolto ai tecnici. Noi siamo un giornale generalista, dobbiamo parlare a tutti i lettori. Così quando scriviamo per esempio della Barbera, visto questo Wine Festival in corso, dobbiamo essere comprensibili, dare qualche punto di riferimento esterno, facendo dei collegamenti con la musica dei Nirvana, trovando invece per un Brunello di Montalcino un’altra ispirazione come una canzone di un cantautore, in modo da creare una curiosità, uno stimolo anche a chi non sa nulla di questo argomento”.
L’intervento di Tinto Prudente è stato davvero in sintonia “Quando parlo di vino mi vengono in mente i divani del salotto buono di mia nonna avvolti con il cellophane, da preservare per grandi occasioni che però non arrivavano mai. Ecco molte cantine vitivinicole devono ancora togliere quel cellophane e aprirsi al mondo. Riconosco che la comunicazione del vino è cambiata molto negli ultimi anni, che tante cantine si sono aperte a percorsi di enoturismo, di degustazione. Addirittura in alcune cantine oggi ci si sposa, si fanno rinfreschi in mezzo ai filari”.
Ferraro ha poi chiesto a Cristina Mercuri il suo punto di vista sulla comunicazione del vino anche attraverso i social “Ritengo che il vino sia un prodotto sexy, non per soli nerd o super esperti. La sua narrazione mi sembra ancora troppo elitaria, va semplificata, promossa con un linguaggio comprensibile anche dai giovani. Loro sono curiosi, hanno voglia di imparare, sono interessati all’argomento ma esigono una modalità veloce, chiara, fruibile. Per esempio raccontando in modo comprensibile, gli aspetti tecnici della vinificazione, il perché certi passaggi permettono di produrre un vino con determinate caratteristiche, crei curiosità e agganci così anche un pubblico giovane”.
Accennavamo anche nel sommario dell’incontro con alcuni produttori presenti alla manifestazione. Di seguito qualche nominativo e un vino della loro produzione che ci ha colpito di più.
Da Cascina Castlet, cantina diretta con mano femminile da Mariuccia Borio che ne è la titolare, sita a Costigliole d’Asti, abbiamo apprezzato Policalpo Monferrato Rosso DOC dove l’autoctona Barbera si accompagna al Cabernet Sauvignon. Sempre nello stesso comune si trova Emanuele Gambino, giovane produttore che ha inaugurato a febbraio scorso la sua nuova cantina, molto appassionato soprattutto dei vitigni Barbera e Moscato.
Da quest’ultimo produce Mò Frem, vino bianco biologico, di cui abbiamo assaggiato al 2021, un Moscato secco affinato in anfora, vino prettamente varietale con note agrumate, fiori d’arancio e ricordi di rosmarino e timo. Un’altra interessante cantina è senza dubbio rappresentata da Mura Mura, sita invece a Montegrosso d’Asti.
A sei etichette da Nebbiolo declinate tra un Langhe Nebbiolo, quattro diverse versioni di Barbaresco e una di Barolo, messe in una linea definita Rigore, la cantina accosta la linea Fantasia in cui troviamo anche due bianchi secchi tra cui una Favorita, dal nome Bianca Piemonte DOC Bianco, che in vinificazione, dopo una macerazione sulle bucce per due giorni e mezzo, un affinamento in botti di ceramica per 14 mesi, acquisendo così pienezza e profondità.
Da tenere in considerazione è anche un’altra nuova realtà Frasca La Guaragna di Nizza Monferrato. Nata nel 2018, oltre a tre espressioni di Barbera, di cui due Nizza e una Barbera d’Asti, produce anche un Freisa, un Grignolino, due bianchi tra cui vogliamo segnalare Tardoché, un Riesling Piemonte Piemonte DOC. Dalla tipologia Renano mostra fin da ora eleganza ed equilibrio, con un promettente sviluppo nel tempo.
In conclusione il Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, fondato nel 1946, attualmente conta più di 410 aziende associate e 14 denominazione tutelate. Nei nostri assaggi quindi non abbiamo trovato solo vini rossi, delle ottime espressioni di Barbera, ma anche dei bianchi di fascino.
(In copertina,Vitaliano_Maccario @ Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato)

Giovanna MOLDENHAUER
Giornalista professionista dal 1994, vive e lavora a Milano. Esperta in arredamento e arte della tavola, è Sommelier AIS. Il coinvolgimento con il mondo del cibo e degli chef è stata una conseguenza naturale. Scrive di vino e di cibo, nonché di turismo di settore.
Nel tempo, come soleva dire Veronelli, ha camminato le vigne, visitato territori alla scoperta delle loro peculiarità che rendono unica la nostra Italia. Pregresse collaborazioni con Riviste di settore nazionali, realizza, su richiesta, articoli “taylor made” anche per il web divenuto via via più dinamico. Partecipa come giurato a degustazioni, panel e fiere enologiche.