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CASTELLO DI CIGOGNOLA, LA MAISON DEL METODO CLASSICO DELL’OLTREPÒ PAVESE

Una particolare degustazione dei Pinot Noir dell’azienda di Gabriele Moratti guidata dal consulente enologo e Chef de cave Nicolas Secondé. In pairing, i piatti di chef Marco Fossati del ristorante A’ Riccione Terrazza12, nel cuore di Milano.

L’evento
Detesto fare paragoni, spesso forvianti, riguardo le aree vitivinicole. Esistono troppi fattori determinanti in grado di caratterizzare una vigna piuttosto che un’altra: altimetria, longitudine, matrice del terreno, ambiente pedoclimatico, potrei andare avanti ore. Chi di noi non ha mai sentito, soprattutto durante le festività natalizie, la classica frase: “E’ meglio il nostro Spumante o lo Champagne? “. Ancor oggi fischiano le mie orecchie tuttavia, lo scorso 7 marzo, presso il ristorante A’ Riccione Terrazza12 – situato nel cuore di Milano al 9° e 10° piano del The Brian&Barry Building in Piazza San Babila – ho potuto apprezzare un confronto ed una collaborazione, tra le due nazioni, realmente costruttivo.

Nicolas Secondé al centro della foto, credit@A.Li Calzi-TWM

In scena il consulente enologo Nicolas Secondé, figlio d’arte di una famiglia che da cinque generazioni ricopre il ruolo di Chef de cave ad Ambonnay – capitale del Pinot Nero in Champagne – e l’Azienda di Gabriele Moratti Castello di Cigognola, ubicata all’interno del comune omonimo in provincia di Pavia. Egli, dal 2020, si avvale della consulenza enologica esterna del sopracitato Nicolas, colui che segue il progetto del Metodo Classico brandizzato Moratti.

Linea che abbiamo avuto la possibilità di degustare in quattro versioni distinte: Cuvée ‘More Pas Dosé, Cuvée dell’Angelo, Rosé Brut e infine R.D.M Pas Dosé. Quest’ultime alternate singolarmente alla corrispettiva cuvée dell’annata 2020 (non ancora in commercio) supervisionata dall’enologo francese, proprio per far comprendere il cambio di passo fortemente voluto dall’azienda.

Interno ristorante, credit@A.Li Calzi-TWM

Da segnalare l’ottimo menù a base di pesce proposto dallo chef Marco Fossati in abbinamento al Vermentino di Sardegna Unda 2021 della Cantina Bentu di Neoneli (OR), ovvero il nuovo progetto enologico di Gabriele Moratti al centro della regione Sardegna. La freschezza di questo bianco isolano ha contrasto alla perfezione la tendenza dolce del carpaccio di salmone e crema di avocado, patata schiacciata e aji amarillo con dressing alla soia e origano; inoltre, l’estrema sapidità del vino, ha implementato il gusto del trancio di ombrina, accompagnato da scarola uvetta e pinoli, con emulsione alla maggiorana.

L’azienda e il territorio
Con Gabriele Moratti Castello di Cigognola entra in una nuova fase della sua storia. Gli ettari di proprietà sono attualmente 36, di cui 28 vitati. Ci troviamo ad un’altitudine che oscilla tra i 300 e i 350 metri s.l.m. e le vigne, spettacolari a dir poco e caratterizzate da esposizione ottimali, abbracciano il noto castello del XII secolo come una corona posata sulle cime della collina dell’Oltrepò Pavese. Il terreno, nella parte superficiale, è caratterizzato da Marne di Sant’Agata Fossili mentre lo strato intermedio è invece una formazione gessoso solfifera; sulle sommità di Cigognola sono visibili inoltre arenarie e conglomerati.

Tutti questi elementi, uniti alla grande competenza dell’azienda e all’età dei vigneti – che si aggira attorno ai 25 anni – contribuiscono a creare una gamma di vini di alto profilo e di estrema coerenza nei confronti della tipologia, ovvero il metodo classico – non facile da realizzare – e soprattutto fedeli alle peculiarità del territorio. Castello di Cigognola, inoltre, segue da anni una filosofia che nasce da aspetti chiari ed inequivocabili: il rispetto dell’uomo e i suoi valori, incaricati di tutelare l’ambiente e i diritti delle persone coinvolte direttamente e indirettamente nella filiera. Il rispetto per l’essere umano, la natura e l’economia reale sono le pietre angolari della visione.

La degustazione
Iniziamo col dire che il pinot nero in Oltrepò trova una tra le sue culle d’elezione a livello italiano, e non solo in termini di ettari vitati. Nicolas ha compreso tutto ciò, e grazie alla sua esperienza e maniacale conoscenza dell’uva in questione, ha deciso di effettuare pressature in tempi lunghi e senza interruzioni. Il mosto fiore, anche chiamato “coeur”, viene suddiviso in diverse parti così da coglierne le più importanti caratteristiche. Tutti i frazionamenti permettono la massima variabilità ed espressività nel successivo assemblaggio delle cuvée.

Etichette in degustazione, credit@A.Li Calzi-TWM

Il primo vino degustato affina 3 anni sui lieviti, trattasi della Cuvée ‘More Pas Dosé. Quest’ultima stupisce per via del suo profilo arioso, slanciato dal primo all’ultimo sorso. Naso intenso di mallo di noce, cedro, ribes bianco e una vena di calcare nitida ed elegante. In bocca risulta esplosivo in termini di freschezza, tensione acida e un finale sapido, lungo e appagante, che strizza l’occhio ad alcune bollicine d’Oltralpe.
Entra in scena la Cuvée dell’Angelo 2015, un altro Pas Dosé che affina ben 72 mesi sui lieviti. Veste paglierino chiaro con riflessi oro antico, perlage da manuale. Timbro intenso che sa di frutta dolce, soprattutto susina gialla e scorza di limone, yogurt ai cereali e frolla; il comparto floreale è nitido, prezioso, un bel mazzetto di glicine e acacia. In questo caso, al palato, la rotondità è accentuata da un frutto opportunamente maturo e un finale leggermente boisé.
Il terzo vino oltre ad essere un Rosé, annata 2015, è anche l’unico a rientrare nella categoria brut. Rosa tenue, riflessi salmone, ingolosisce al naso per toni di cipria, fragolina di bosco e spezie dolci coperte da un velo di aromi che rimandano fortemente alla pâtisserie. Anche in questo caso l’equilibrio tra tensione acida e densità di materia non manca affatto, la coerenza dei toni olfattivi è notevole e ciò che resta in bocca è una piacevole sapidità che ben si presta ai più disparati abbinamenti gastronomici.
L’ultimo vino proposto è la Cuvée R.D.M Pas Dosé 2014, l’unica a mio avviso stilisticamente opposta alle altre, ed è stata inserita apposta a mio avviso. Il vino ha un’impronta grassa e a tratti ingombrante, tanto al naso quanto al palato, e soprattutto si avverte una sensazione dolce sul finale che snatura completamente l’essenza del territorio. Comparata, come del resto le altre tre bottiglie, all’annata 2020 attualmente in fase di affinamento – gestita interamente dall’enologo francese – ho potuto apprezzare un profilo diametralmente opposto, e soprattutto una freschezza da manuale. Mi auguro di poterla riassaggiare quando sarà in commercio.

Andrea Li Calzi

 

Andrea Li Calzi

Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021  ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore.

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