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LANGHE, TRA CHARDONNAY E NEBBIOLO TUTTE LE SFUMATURE DEL TERRITORIO.

Degustazione a Milano, presso l’Enoluogo di Civiltà del bere, con Federica Boffa, quinta generazione di una tra le storiche famiglie della Langa del Barolo: Pio Cesare e le sue più iconiche etichette, Chardonnay Piodilei e il Vermouth di Torino, i Barolo e i Barbaresco di famiglia compresi i cru Mosconi, Ornato e Il Bricco

testo e foto di Andrea Li  Calzi

L’AZIENDA. I numeri dell’azienda Pio Cesare fanno indubbiamente riflettere: oltre 140 anni di attività, 5 generazioni e 75 ettari di vigneti acquistati a partire dagli anni ’70 con tenacia e spirito imprenditoriale. Il pioniere è senza dubbio Cesare Pio che nel 1881 fonda l’azienda. Il legame con la città di Alba è indissolubile tanto che tutt’ora la cantina ha sede nello stesso palazzo storico situato in pieno centro. Il nostro protagonista conosce molto bene la sua terra natia e le potenzialità delle colline delle Langhe, nonché i vini prodotti. Fu tra i primi a farli conoscere ai mercati esteri che tuttora li apprezzano enormemente. A Cesare Pio si deve inoltre l’iconica etichetta che vede ancora in effigie le medaglie vinte nelle Esposizioni di fine ‘800 e primi ‘900. Occorre fare un salto di due generazioni, epoca in cui Rosy Pio e il marito Giuseppe Boffa entrano nella storia del Barolo mediante un’etichetta iconica che ancora oggi rappresenta la storia del vino italiano, non soltanto quella dell’enologia piemontese. La quarta generazione, quella attuale per intenderci, ha come protagonista Pio Boffa. Grazie al suo operato la cantina cresce ancor di più: sia in termini di successi conseguiti sia in tema di progetti realizzati. Aumentano gli ettari di proprietà, la cantina si amplia e vengono lanciate sul mercato nuove etichette.

Vigneto Ornato e casa, foto courtesy@credit PioCesare

I CRU DI PIO CESARE Ormai da parecchi anni in Langa non si fa altro che parlare di cru e MGA (Menzioni Geografiche Aggiuntive). Indubbiamente è la strada giusta da percorrere a mio avviso. Il nebbiolo è un vitigno che possiede tante sfaccettature ed è in grado di leggere il territorio come pochi altri al mondo. Ogni versante, declivio o filare dove viene allevato – meglio se da mani esperte s’intende – spesso è in grado di rivelare caratteristiche e sfumature differenti. Alludo ovviamente ai vini prodotti quali ad esempio Barolo, Barbaresco e Nebbiolo d’Alba; le denominazioni maggiormente note al grande pubblico e ai mercati di tutto il mondo. Uno spasso per tutti gli appassionati del genere insomma.

Anche in Casa Pio Cesare intanto emerge il concetto di cru e inizialmente le attenzioni vengono dedicate all’Ornato, già protagonista nell’insieme di vigneti del Barolo Pio. Nel 1985 la famiglia Boffa,dopo svariati studi, individua tre micro-parcelle situate su diversi versanti della collina sopracitata. Consapevole della qualità raggiunta, mediante gli assaggi s’intende, decide di assemblare le differenti masse dando vita al Barolo Ornato. Un’etichetta iconica della nota Cantina di Alba. Nello stesso anno viene lanciato sul mercato il PiodiLei: tra i primi Chardonnay prodotti nelle Langhe, fermentati ed affinati in piccole botti, e tra i primi in Italia. Anche il Barbaresco Il Bricco conquista l’interesse dei mercati di tutto il mondo attorno al 1990. Qualche anno dopo, nel 1996, à la volta del Barbera da singolo vigneto denominato Fides. Importanti novità vengono alla luce attorno al 2014 con l’acquisizione di 10 ettari nel vigneto Mosconi a Monforte d’Alba. Tra queste colline ricche di marne e argilla, formatisi per sollevamento del mare e ascrivibili all’età Elveziana, l’azienda produce il Barolo che prende il nome del cru sopracitato. Oggi un’importante MGA del vino amato da Camillo Benso conte di Cavour.

Federica Boffa con le etichette in degustazione, credit@A.Li Calzi-TWM

“Ogni zona e parcella ha il proprio carattere e solo attraverso il connubio di queste molteplici differenze riusciamo a comporre vini che siano veramente nostri, tradizionali” – racconta Federica Boffa. Per la prima volta l’azienda Pio Cesare ha deciso di investire fuori dalle Langhe. In futuro avremo dunque la possibilità di assaggiare etichette di Timorasso dei Colli Tortonesi e vini rossi prodotti in Alta Langa, dove la famiglia ha deciso di allevare il nebbiolo adaltitudini più elevate.

LA CANTINA Tutti i vini sono prodotti, fermentano e maturano nella storica cantina situata nel centro storico di Alba, tra le poche ancora presenti in città e risalente al Settecento. Un edificio affascinante costruito su quattro livelli, uno dei quali addirittura al di sotto della falda del fiume Tanaro. Temperatura e un’umidità costanti sono qui all’ordine del giorno. I vini di punta affinano all’ombra delle antiche mura di cinta romane che caratterizzano la nota “capitale” delle Langhe.

LA DEGUSTAZIONE

Langhe Bianco Chardonnay Piodilei 2021. Le uve chardonnay provengono dal vigneto Mosconi a Monforte d’Alba. Paglierino chiaro, solare, riflessi oro-beige. Buon estratto. Naso dai toni dolci, il legno è appena sussurrato. Nell’ordine: miele d’acacia, ananas maturo e melone d’inverno. Con lenta ossigenazione guizzi floreali, spezie fini e un finale che ricorda lo yogurt. In bocca risulta esplosivo, marcatamente speziato, sapido,e dal frutto dolce-acido. Un filo di alcol percepito sul finale ma è un vino ancora giovane. Necessita di tempo.

Barolo Pio 2019. Assemblaggio di uve nebbiolo allevate all’interno di 9 vigneti in 5 comuni differenti. Il cuore è a Serralunga d’Alba, il resto tra Novello, La Morra, Grinzane Cavour e Monforte d’Alba. Granato, unghia arancio-mattone, bella trasparenza. Naso per nulla esplosivo, in levare: scorza d’arancia rossa, grafite, pepe nero e incenso-calcare; lieve tostatura del legno in chiusura. In bocca è un vino succoso, sapido e dal tannino presente pur tuttavia dolce.Buona progressione, l’alcol percepito sfuma assieme al vino. Stiamo parlando di un vino ancora in fasce.

Barbaresco Il Bricco 2019. Uve nebbiolo allevate all’interno di 3 microzone situate nella parte più alta dei vigneti di proprietà della Cascina Il Bricco a Treiso. Granato di media trasparenza, unghia mattone. Naso espressivo e complesso. Evolve di continuo. In principio vi è la parte floreale acre, tra zagara e rosa rossa; con lenta ossigenazionefrutti rossi acerbi ed erbe officinali. In chiusura toni balsamici di mentolo e anche un bel po’ di pietra frantumata. Sorso snello, slanciato, dotato di centro bocca e grande progressione. La freschezza marca il vino e la scia sapida in chiusura mostra il potenziale del terroir. Coerente la parte minerale che assicura longevità e carisma.

Vini Pio Cesare in degustazione, credit@A.Li Calzi-TWM

Barolo Mosconi 2019. Da una selezione di uve nebbiolo allevate all’interno del vignetoMosconi a Monforte D’Alba, vicino al cru Ornato. Le vigne sono piuttosto vecchie. Questa volta il granato è un po’ più caldo, cupo, sfumature color mattone a bordo bicchiere. Ancora piuttosto inespresso nonostante la lenta ossigenazione. La 2019 è un’annata che a mio avviso verrà fuori sulla lunga distanza. Avvicino nuovamente il vino al naso e i ricordi di amarena matura si fanno via via più intensi, così come la spezia dolce e un tocco di grafite. In chiusura suggestioni balsamiche e anice stellato. In bocca al contrario la classe risulta già fin troppo evidente: coerenza balsamica, grande acidità e un tannino fitto e dolce. Vino strepitoso. Da seguire con molto interesse anche nei prossimi anni.

Barbaresco Pio 2015 (Magnum). Granato caldo, unghia arancio, trasparenza e vivacità di colore. Respiro intenso, il frutto è in confettura e richiama l’amarena (anche sotto spirito); pregevole la nota ferrosa/ematica e il richiamo alla liquirizia e caucciù. Gran bella espressività, impiega un bel po’ ad aprirsi dunque non bisogna avere fretta. In bocca non posso che apprezzarne l’estrema coerenza, l’estratto nonostante unprofilo slanciato, arioso e dal frutto scuro in bella mostra. Un vino lunghissimo che supera abbondantemente il minuto in tema di persistenza.

Barolo Pio 2012 (Magnum). Granato, unghia arancio, buona consistenza ed estratto. Il vino, trascorsi circa 20 minuti dalla mescita, palesa un frutto dolce che in parte richiama il rovo tra note di cera e incenso, cuoio e caramello. La scorza d’arancia rossa candita chiude i battenti accompagnata da effluvi minerali di grande complessità. Il palato mostra un’eleganza che è fuori discussione. Il tempo è riuscito a smussare gli angoli a favore di un equilibrio che in questa fase risulta totale. Espressività e coerenza e una lunga scia sapida che non ha intenzione di abbandonare il palato. Il migliore della batteria.

Barolo Ornato 2010 (Magnum). Le uve nebbiolo vengono allevate all’interno di tre microzone facenti parte del cru Ornato a Serralunga d’Alba. Manto granato,unghia mattone, tonalità calda e profonda. Naso piuttosto intenso, il frutto è maturo e non eccessivamente esasperato. Trascorsi 20 minuti dalla mescita affiorano ricordi di incenso e grafite, ribes e mirtillo nero. In chiusura una bella traccia salmastra. Palato ricco e sapido, ritrovo un vino dotato ancora di buona freschezza anche se il finale concede qualche secondo di troppo alla dolcezza del frutto. A mio avviso a tavola trova il massimo splendore.

Vermouth di Torino. Oro intenso, riflessi ambra, si muove lentamente all’interno del calice. Un’esplosione di erbe officinali, scorza di agrume candito e pepe bianco, zagara e mimosa, smalto e tabacco. Complessità da vendere insomma. Palato sapido, energico, oserei dire quasi “rigenerante”. La bevibilità è davvero ai massimi considerando la categoria di prodotto. Chapeau bas!

( In copertina, degustazione, credit@A.Li Calzi-TWM)

@Riproduzione riservata

 

Andrea Li Calzi

Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021  ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore.

 

 

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