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“RADICI”, PRIMOSIC E LA RIBOLLA DI OSLAVIA.RACCONTI DI VITA, DI TERRITORIO E DEI SUOI VINI

Oslavia e Collio: Yin e Yang della stessa terra. L'originale racconto della famiglia Primosic dell’evoluzione del territorio della DOC Collio e dei suoi vini, in un suggestivo appuntamento a Milano, per la presentazione della monografia “Radici”.

L’evento

Lo scorso 30 marzo ho avuto il piacere di presenziare, presso Il Salotto di Milano in Corso Venezia 7, all’incontro organizzato da Primosic in occasione del lancio della monografia “Radici, la Ribolla di Oslavia, una tradizione di famiglia”. La Cantina ha sede a Oslavia, noto quartiere della città di Gorizia in Friuli-Venezia Giulia. Attraverso un racconto ben articolato e ricco di aneddoti, perlopiù legati alla storia e alle tradizioni del territorio, l’Azienda è stata in grado di fornire un’originale chiave di lettura dei vini prodotti in questo affascinante e noto distretto vitivinicolo italiano.

Turazza_Primosic_Silvan_Boris_Marco_Elia, credit@C.Pasqua

Un lungo viaggio che racconta la storia di cinque generazioni e che incontra la passione di tanti vignaioli accomunati dallo stesso obiettivo: l’evoluzione del territorio del Collio e dei suoi vini fortemente caratterizzati. L’evento è stato moderato dal giornalista Alessio Turazza, che ha curato i testi della monografia e ha descritto con parole profonde la storia della famiglia Primosic. Durante l’evento ha inoltre condotto un’intervista dove i protagonisti dell’Azienda hanno potuto raccontarsi ad un pubblico di giornalisti ed esperti di settore.

La monografia “Radici”

Ho apprezzato il susseguirsi, durante l’evento, di volti e storie narrate in prima persona da uomini e donne facenti parte delle tre generazioni della famiglia Primosic. Erano presenti Silvan che nel 1964 produsse la prima vendemmia totalmente imbottigliata, i figli Marko e Boris, oggi alla guida dell’azienda e i nipoti Greta, Nicola ed Elia. Diversi i temi affrontati: la storia e le radici della famiglia, l’identità e appartenenza al territorio, la tradizione vinicola di Oslavia e del Collio; infine la filosofia di produzione e la personale visione del futuro in un’epoca in cui diversi aspetti del mondo del vino stanno cambiando.

Primosic_Boris_Elia_Turazza_Silvan_Nicola_Marco_Greta, credit@C.Pasqua

L’idea della monografia nasce dall’esigenza di voler fare il proverbiale “punto della situazione”, ripercorrere la propria storia al fine di imprimere su carta l’evoluzione del vitigno autoctono ribolla gialla, tra le cultivar di riferimento del territorio. Così come la vite affonda le proprie radici in profondità, la famiglia Primosic desidera guardare al futuro con maggiore consapevolezza, ripercorrendo i traguardi e gli ostacoli incontrarti durante il proprio cammino. Lo scopo è quello di lasciare alle generazioni future un punto fermo a cui tornare ogni volta ne sentano il bisogno. D’altronde il titolo “Radici” sottolinea molto bene le antiche origini di famiglia che risalgono all’Ottocento, frutto dell’influenza della cultura slava, latina e germanica. – Resistono alla Bora e alle vicissitudini della storia, e hanno permesso alla famiglia di affrontare le difficoltà, ripartendo ogni volta dalla terra e dalla Ribolla Gialla Silvan descrive molto ben le proprie radici con chiare ed inequivocabili parole.

La ribolla gialla e il territorio

Il noto vitigno autoctono a bacca bianca viene allevato dalla famiglia Primosic ad Oslavia, nel cuore della DOC Collio in provincia di Gorizia. Vigne incantevoli a livello paesaggistico dislocate a circa 190 metri s.l.m., le stesse godono di caratteristiche pedoclimatiche particolarmente favorevoli. Il Collio d’altronde è incastonato tra le vette delle Alpi Giulie ed il mare Adriatico, questa posizione strategica conferisce alle uve tutto ciò di cui hanno bisogno. La presenza della Bora rinfresca le bacche ed elimina l’umidità nell’aria, previene così la formazione di muffe ed altre malattie della vite. Le correnti calde e la vicinanza del mare regolano un microclima ideale con temperature piuttosto miti e giornate soleggiate. Oslavia, e il Collio in generale, è nota per una tipologia di terreno molto particolare chiamato “ponca” (tecnicamente flysh), una marna-arenaria di origine eocenica, ricca di sedimenti minerali come ferro e manganese in grado di conferire ai vini tanta mineralità.

Oslavia e il Collio. Yin e Yang di questa terra

Tornado all’evento ho potuto ammirare tanto in Silvan, quanto in Marko e Boris, i lati positivi del ricambio generazionale. Un “travaso di conoscenze” frutto del confronto quotidiano circa tecniche di cantina e sperimentazione, l’esperienza di Silvan e la visione di Marko e Boris sui vini del territorio; al tal riguardo è emersa una riflessione interessante. Nella monografia si legge: “Oslavia e il Collio. Yin e Yang di questa terra.

Primosic_Silvan_Elia_Nicola_Greta, credit@C.Pasqua

Un parallelismo di carattere etimologico oltre che ontologico. Nella cultura cinese Yin indicava il versante più ombreggiato e Yang quello più soleggiato di una collina. Questa similitudine mi ha colpito molto: Oslavia è inserita all’interno di un territorio piuttosto vasto, quello del Collio, non potrebbe esistere altrimenti; al contempo il Collio risulterebbe incompleto, parzialmente inespresso, se non comprendesse al suo interno Oslavia. Questa prospettiva accomuna due aree legate profondamente ad un unico destino, e l’equilibrio dei vini che ora andrò ad illustrare è frutto di questa simbiosi.

La degustazione

Durante il light lunch servito presso Il Salotto di Milano, nella terrazza panoramica al terzo piano dell’edificio signorile ubicato in Corso Venezia 7, ho avuto modo di effettuare una degustazione verticale di Ribolla Gialla Riserva di Oslavia (anteprima 2019, 2013, 2009, 2003) e Collio Bianco KIin (2016, 2013, 2004). Per l’occasione sono stati preparati dei finger food golosi a base di pesce e carne e un primo piatto che ho apprezzato molto: risotto con ostriche e salicornia. Quest’ultimo ha saputo contrastare alla perfezione le etichette proposte grazie alla grassezza intrinseca, la nota salina e leggermente erbacea; caratteristiche che ben si sposano con la morbidezza, acidità e sapidità dei vini proposti.

Verticale di Ribolla Gialla Riserva di Oslavia

Riguardo la prima etichetta, ovvero l’anteprima 2019, ho potuto apprezzare la dolcezza dei toni fruttati estivi tra cui albicocca matura e nespola, lieve caramello, pan di spezie e in bocca un’acidità sferzante, contrastata alla perfezione da una lunga scia sapida. La 2013 incanta al naso grazie a rimandi speziati dolci e toni di pasticceria, albicocca disidratata e cera d’api. Sorso lunghissimo, freschezza dirompente e totale assenza di alcol percepito; un grande vino insomma. A 14 anni dalla vendemmia la 2009 palesa un frutto ancora vivo, cangiante: l’agrume rinfresca il quadro olfattivo e la pesca ne addolcisce i toni, idem la pasta di mandorle; sfuma in un lieve ricordo di calcare nitido e continuo. In bocca vi è sinergia tra polpa, succo, densità gustativa e un allungo salino da vero fuoriclasse. Concludiamo con la 2003, l’unica delle quattro ad aver subito un protocollo di vinificazione “normale”, ovvero senza la classica macerazione sulle bucce che dona il caratteristico colore ambrato, quello dei cosiddetti Orange Wine. Il colore in questo caso è per l’appunto oro caldo, brillante e vivo, così come il frutto: goloso, invitante, pare quasi di masticarlo con tutta la dolcezza dei frutti canditi da panettone. Con lenta ossigenazione affiorano ricordi di cera d’api, smalto, pan di spezie e zafferano. Al palato torna quest’ultimo, la morbidezza è rassicurante in tandem con un’acidità notevole, soprattutto considerando i vent’anni dalla vendemmia e l’annata torrida.

Verticale di Collio Bianco KIin

Iniziamo col dire che al contrario della Ribolla Gialla Riserva di Oslavia, il Collio Bianco KIin è un assemblaggio di uve friulano, chardonnay, sauvignon blanc e ribolla gialla. Ho iniziato a degustare partendo dalla 2016, annata memorabile un po’ tutto il bel Paese. Il frutto è pieno, maturo e sa di susina gialla e ananas, piccoli fiori di malga e cera d’api, in chiusura un accenno di legno ben calibrato. Lo stesso lo si avverte in bocca: è un vino a mio avviso ancora giovane, necessita di tempo per integrare alla perfezione la materia fruttata ai toni speziati; ne consegue un sorso ancora lievemente sconnesso. Diametralmente opposta la 2013 che al momento gode di un equilibrio ragguardevole. Naso intenso, cangiante, tra ricordi di melone d’inverno, mela al forno, miele d’acacia e zafferano; il sorso è ricco, potente, dotato di una buona spalla acida leggermente in ritardo rispetto alla vibrante sapidità. Concludiamo il viaggio con il millesimo 2004, da molti definito minore per via delle abbondanti piogge. Al contrario trovo che il profilo di questo vino sia in grado di esaltare la classe del territorio in un crescendo di sensazioni ariose e slanciate. Un prodotto ancora vivo, ricco di vitalità, leggerezza (nell’accezione nobile del termine), tra fiori bianchi ancora miracolosamente freschi e un frutto tropicale goloso; in bocca, quest’ultimo, torna prepotentemente allo scopo di mostrare tutta la freschezza dei toni dolci/acidi. “Pericolosissimo” a mio avviso a tavola, in senso buono s’intende.

Andrea Li Calzi

 

Andrea Li Calzi

Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021  ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore.

 

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