LA COMUNITÀ CINESE A MILANO E LE SUE ORIGINI
La cucina cinese vanta una tradizione millenaria ed è universalmente riconosciuta per la sua autenticità, complessità, varietà di ingredienti, nonché tipologia di preparazioni e contrasti tra i vari gusti: agrodolce, piccante, salato e umami. Per assaporarla e gustarne appieno il potenziale occorrono alcune tra le seguenti condizioni e virtù: calma, tempo, elasticità mentale, uno stomaco degno di nota e soprattutto tanta curiosità. Tutto ciò non sempre si abbina ai ritmi frenetici di oggi, specialmente in una città nevrotica come Milano, capitale economica del bel Paese. Da queste parti ci si muove velocemente, le pause pranzo non sono eterne e la sera, specialmente i giovani, preferiscono camminare per le vie del centro, o sostare davanti ai locali, piuttosto che sedersi al tavolo di un ristorante per consumare la cena o il proverbiale aperitivo. Lo street food in Italia, specialmente al sud, vanta tradizioni assai antiche le stesse che diventano antichissime in Cina. Molte persone sono al corrente che Milano possiede una Chinatown autentica, la più antica dello Stivale, isole comprese.
Da ormai oltre una decina d’anni è curata nei minimi particolari con tanto di via pedonale che la percorre interamente. Proprio per questo Paolo Sarpi, ad oggi, può definirsi a ragion veduta uno tra i quartieri più di tendenza del capoluogo meneghino. La presenza cinese in questa nota città lombarda ha avuto inizio più di un secolo fa, esattamente intorno al 1920, mediante una notevole immigrazione di abitanti della regione dello Zhejiang per lo più provenienti dalla città di Wenzhou.
Il suddetto quartiere, per via dei numerosi cortili interni presenti nelle abitazioni circostanti, favoriva la concentrazione di laboratori dove gli immigrati erano soliti lavorare; dunque già durante il regime fascista era chiamato “quartier generale dei cinesi”, ai giorni nostri Chinatown. Percorrere Via Paolo Sarpi e i vicoletti che la incrociano, ricchi di bar, ristoranti, attività e negozi gestiti dalla comunità cinese, è un’esperienza che consiglio caldamente non soltanto per gustare la cucina tipica di svariate regioni della Cina, ma per poter assaporare il fascino di un angolo d’oriente ancora fin troppo sconosciuto e soprattutto ricco di luoghi comuni per noi italiani.
RAVIOLERIA SARPI
Iniziamo il tour all’insegna dello street food del quartiere Chinatown di Milano, mediante uno tra i locali più noti di Via Paolo Sarpi: La Ravioleria Sarpi. Una piccola e affascinante bottega, con cucina a vista, dov’è possibile ammirare la maestria di 3-4 cuoche che con passione, dal 2015, preparano migliaia di ravioli ripieni di carne, o di verdure, con spezie e aromi anche chiamati shuijiao in lingua cinese. Frequento questo locale da svariati anni e ciò che mi ha sempre colpito, oltre alla bontà e alla costanza qualitativa riscontrata lungo il corso del tempo, è il terreno d’incontro tra la lunga tradizione culinaria cinese e ingredienti di alta qualità italiani. La carne proviene da un allevamento biodinamico della vicina Macelleria Sirtori, le farine selezionate (miste, bianca bio zero e integrale) dal Mulino Sobrino, e per finire le uova bio Bargero da galline allevate a terra.
L’ottimo rapporto qualità prezzo è l’asso nella manica: 4 shuijiao, dimensioni notevoli così come il ripieno, soltanto 4 euro; è possibile consumarli subito (opzionale l’aggiunta di salsa di soia) o acquistarli già pronti o da cucinare in casa. Tre le versioni: manzo e porro, maiale e verza, infine vegetariano con verdure di stagione rigorosamente tritate a mano a punta di coltello. Un’altra pietanza che consiglio vivamente di provare, la vedremo anche in seguito, è la tipica crespella di Pechino, jianbing, in questo caso ripiena di porro, coriandolo e una sorta di salamella di carne 80% di manzo e 20% di maiale. I sapori è possibile distinguerli singolarmente, nessuna sensazione prevarica, l’armonia gustativa è innegabile così come la freschezza delle materie prime.
MO SARPI
Un’altra icona vera e propria dello street food in Chinatown-Milano è Mo Sarpi. Prende il nome dall’omonima pietanza (mo) che da migliaia di anni delizia il palato dei golosi di tutto il mondo. La ricetta pare sia originaria di Xi’an, una grande città nonché capoluogo della provincia di Shaanxi, nella Cina Centrale. Si tratta di un pane parzialmente lievitato, di farina bio tipo “0”, cotto al forno e ripieno di carne di maiale di provenienza biologica (misto di spalla e pancetta) e stufato con spezie naturali per ben 12 ore.
La consistenza del panino rotondo di medie dimensioni, basso e schiacciato, risulta croccante fuori e morbido dentro. La carne si scioglie letteralmente in bocca, quasi non occorre masticarla, il sapore è un continuo andirivieni di sensazioni dolci-acide-speziate che invogliano il morso, lo stesso risulta goloso all’ennesima potenza. Anche in questo caso il costo è piuttosto costenuto, appena 5.50 euro.
MUMBAO
Il bao, anche chiamato baozi, è forse il re dello street food cinese. Noto sin dai tempi antichi per la sua bontà e per la facilità nel consumarlo ovunque senza mai sporcarsi le mani. Ha la forma di un piccolo panino bianco morbido e rotondo, chiuso modi raviolo, e si ottiene cucinando al vapore un impasto salato di farina e acqua ripieno di carne di maiale, spezie e aromi. Col passare degli anni, per incontrare il gusto di tutti, è possibile trovarne vegetariani, con il pesce o altri tipi di carne: manzo, pollo o anatra.
Per noi italiani, soprattutto la generazione che va dagli anni Ottanta in su, rappresenta un ricordo d’infanzia: impossibile non averne visto almeno uno all’interno dei famosi cartoni animati giapponesi, anche se in questo caso sarebbe più appropriato chiamarli nikuman, il corrispondente nipponico. Tra i tanti assaggiati in Paolo Sarpi quelli di Mumbao, a mio avviso, sono i più buoni e soprattutto costanti nonostante il trascorre degli anni. La materia prima è sempre fresca e preparata al momento, consiglio caldamente di aspettare un paio di minuti prima di addentarlo per evitare ustioni di quinto grado. Il prezzo è l’arma vincente: solo 3 euro.
BEIJING TRADITIONAL ROLL
Come anticipato i Jianbing, tra le ricette più note della città di Pechino, assomigliano ad una sorta di crespella a base farina, o soia, leggera e molto digeribile, consumata soprattutto a colazione. Beijing Traditional Roll, immancabile tappa per gli amanti di questa pietanza, si trova a pochi passi dai tre locali sopraelencati, gli stessi che l’un l’atro distano poche decine di metri. Giunti a destinazione, come spesso accade da queste parti, è possibile ammirare la gestualità dei tanti cuochi che con maestria, ed estrema cura, preparano questa sorta di gigante crespella arrotolata modi burrito. In questo caso, la preparazione risulta molto più sottile rispetto a quella della Ravioleria Sarpi, anche se ripiena con ogni ben di dio.
Come spesso accade ho optato per la versione con carne d’anatra, il locale è specializzato in tal senso tanto da proporre anche il celebre collo d’anatra, un piatto amato soprattutto dai residenti cinesi che frequentano assiduamente questa vera e propria bottega del gusto. Il Jianbing che ho scelto, oltre a contenere una carne saporita e tenera, è farcito con verdure fresche e croccanti: bambù, cavolo cinese, insalata, senape, salsa di soia/piccante, e per finire una bella manciata di coriandolo. In merito a quest’ultimo ingrediente, se non siete amanti, consiglio di richiederne una dose parca altrimenti diventa difficile apprezzare l’armonia gustativa della pietanza. Tra le altre versioni è possibile gustare ripieni a base di pollo fritto, trippa d’anatra, polpette di pesce o maiale stufato.
(In copertina, China town Milano, credit@Danila Atzeni)
Andrea Li Calzi
Andrea Li Calzi
Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021 ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore.