di Giovanna Moldenhauer
Nel 1947, nel periodo della ricostruzione postbellica, i fratelli Pighin hanno l’intuizione imprenditoriale di noleggiare un vecchio autocarro per il trasporto di merci e materiali su brevi distanze. Da questo sarebbe nel giro di pochi anni l’attività di trasporto delle merci infatti si espande, gli automezzi aumentano e le tratte si allungano sempre di più tanto da essere la prima azienda di trasporti a raggiungere le isole per poi sviluppare una vasta clientela Europea. Così quando nel 1963 ai fratelli Pighin, educati da sempre dal padre Ernesto di origini contadine all’amore e al massimo rispetto per la terra, si presenta l’opportunità di acquistare una vasta tenuta di 220 ettari nel cuore delle Grave del Friuli, portando alla nascita dell’Azienda Agricola Fratelli Pighin.
Nel 1968 la produzione si amplia ulteriormente grazie all’acquisto di 30 ettari con cantina di vinificazione annessa sita a Spessa di Capriva, nella rinomata zona Collio Doc. Bisognerà attendere il 2004 perché Fernando, con la moglie Danila e i figli Roberto e Raffaela, ne assuma la totale proprietà. Tra quattro e sei anni più tardi vengono fatti importanti investimenti sia nell’impianto dei vigneti, così come locali di vinificazione e affinamento delle cantine di entrambe le realtà, completati da altri più tecnologici per la vinificazione in diversi ambiti.
Chiediamo a Roberto un suo parere sulla dicotomia profonda tra ‘viticoltura di pianura’ e ‘viticoltura di collina’, con la seconda percepita qualitativamente superiore rispetto alla prima. Voi avete vigneti in entrambi i tipi di territori: qual è il vostro parere a riguardo?
“La nostra azienda è ubicata nella culla della più alta tradizione vitivinicola del Friuli: da un lato Risano, nella pianura delle Grave e dall’altra Capriva, nel Collio. Si tratta di due grandissimi terroir Doc., su cui si estendono rispettivamente per 160 e 30 ettari di vigneti, che noi consideriamo di assoluta pari dignità e potenzialità. La nostra è infatti una politica di marchio, il Gallo delle nostre etichette, che diventa garanzia di ciò che il consumatore troverà poi nel calice. Il rispetto che nutriamo per questi due territori è quindi lo stesso, consapevoli che stiamo parlando di due zone morfologicamente diverse con le loro caratteristiche specifiche. Se il Collio è internazionalmente noto, infatti, per la ricchezza del suo terroir unico, le Grave dal canto loro presentano un terreno che offre una base di partenza capace di produrre vini la cui freschezza, piacevolezza ed equilibrio sta intercettando sempre di più il trend del consumatore di oggi. Il nostro impegno, lavoro e dedizione è dunque il medesimo per entrambe le nostre aziende, mossi dal desiderio di far sì che il Gallo continui di essere icona e simbolo di qualità e garanzia di affidabilità per il consumatore”.
Roberto ha poi scelto di presentarci in particolare la tenuta nel Collio, ubicata sul lato est della regione Friuli Venezia Giulia, lungo il confine con la Slovenia. Questo territorio è formato interamente da colline che si sono generate per effetto della sedimentazione del materiale calcareo eroso alle alpi dal mare Adriatico durante l’era Quaternaria. Questo materiale sgretolato per effetto del trascinamento marino si è trasformato in sedimenti sottili e stratificati originando il terreno oggi denominato “Marnoso Arenario di origine Eocenica” o più semplicemente “ponca”. Il clima di quest’area è particolarmente secco durante l’estate, molto freddo durante l’inverno, con una costante ventilazione in tutto l’arco dell’anno dovuta al vento di Bora proveniente dal golfo di Trieste. Gli esperti internazionali, per queste caratteristiche morfologiche e microclimatiche, classificano questa zona Doc tra le più vocate del mondo alla coltivazione della vite.
La tenuta a Capriva della famiglia Pighin ha i vigneti ubicati nella più bella e soleggiata collina della zona, dove le viti disegnano i gradoni di un anfiteatro naturale e circondano la cantina ristrutturata.
La degustazione
Friulano Doc Collio 2023 – Sul suolo tipico del Collio, detto “ponca”, roccia marnosa di origine eocenica, composta da elementi minerali molto friabili con trattenimento idrico buono, le viti sono tenute a potature corte che permettono basse rese produttive ed elevate concentrazioni qualitative. Dopo la vendemmia manuale in cantina la vinificazione avviene in recipienti di acciaio termo-condizionati per 20 giorni a temperatura controllata. Affina sui lieviti sino all’imbottigliamento. Nel calice ha un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il naso propon prima melone, frutta a polpa bianca, poi erbe aromatiche e ortica. All’assaggio ha un medio corpo, è fresco, abbastanza sapido, di buona persistenza con un finale ammandorlato.
Ribolla Gialla Doc Collio 2023 – Anche qui le viti, tenute a potature corte, permettono basse rese produttive ed elevate concentrazioni qualitative per questa etichetta da sola Ribolla Gialla. Dopo la vendemmia manuale in cantina la vinificazione avviene in recipienti di acciaio termo-condizionati per 20 giorni a temperatura controllata. Affina sui lieviti sino all’imbottigliamento. Nel calice ha un colore giallo paglierino luminoso. Il naso di buona complessità spazia da la frutta gialla di Mela e susina gialla, poi agli agrumi del cedro, alle erbe aromatiche in particolare del basilico. Al palato ha struttura, è fresco, sapido, di buona lunghezza, con un retrogusto leggermente citrino.
Soreli Bianco Collio Doc 2021 – Composto dalle migliori uve di Friulano, Ribolla gialla, Malvasia, provenienti da un vigneto in collina ad un’altitudine di 150-180, esposto a Sud Ovest. In vendemmia la raccolta è manuale. In cantina dopo una crio-macerazione delle uve, una parte del mosto ottenuto fermenta in vasche inox termo-condizionate e successivamente è mantenuto sulle proprie fecce nobili, il restante fermenta in tonneaux e in barrique di rovere Slavonia di media tostatura, dove affina fino al momento dell’assemblaggio. Dopo un colore giallo paglierino intenso, al naso ha profumi di frutta tra cui l’albicocca, la pesca, di agrumi tra lime e arancia, poi di fiori come camomilla, zagara, con lievi sentori di vaniglia e sensazioni iodate a chiudere. In bocca ha struttura, equilibrio tra freschezza e sapidità, è elegante, persistente, con un retrogusto giocato su sensazioni agrumate e lievi note fruttate.
(In copertina, la tenuta Pighin@Pighin)
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Giovanna MOLDENHAUER
Giornalista professionista dal 1994, vive e lavora a Milano. Esperta in arredamento e arte della tavola, è Sommelier AIS. Il coinvolgimento con il mondo del cibo e degli chef è stata una conseguenza naturale. Scrive di vino e di cibo, nonché di turismo di settore.
Nel tempo, come soleva dire Veronelli, ha camminato le vigne, visitato territori alla scoperta delle loro peculiarità che rendono unica la nostra Italia. Pregresse collaborazioni con Riviste di settore nazionali, realizza, su richiesta, articoli “taylor made” anche per il web divenuto via via più dinamico. Partecipa come giurato a degustazioni, panel e fiere enologiche.