di Carmen Guerriero
UN LEMBO DI CAMPANIA LEGGENDARIA
Fuoco, mare e vento. I Campi Flegrei , vasta area di origine vulcanica nel golfo di Pozzuoli, a ovest di Napoli, sin dall’antichità sono sempre stati un luogo speciale ed un’autentica risorsa per il territorio, un super vulcano punteggiato da un microcosmo di altri vulcani, molti, ad oggi, ancora attivi, dai fenomeni diversi, che alternano manifestazioni gassose effusive, come l’area della Solfatara o idrotermali, come Agnano, Pozzuoli e Lucrino o bradisistiche, come l’area di Pozzuoli.
Un paesaggio molto singolare e variegato, tra stratificazioni magmatiche di tufo giallo e grigio e laghi vulcanici, come il leggendario Lago d’Averno, intorno a Lucrino e i resti dell’antica città di Cuma che si protende verso il Mar Tirreno, a cavallo di due Golfi, Gaeta e Napoli, fino a Miseno, punta estrema della penisola flegrea, a ridosso del suo porto omonimo Miseno, nel comune di Bacoli.
Qui, Monte di Procida, primo insediamento dell’antica Cuma e poi riserva di caccia di Ferdinando I di Borbone, è una naturale terrazza su una collina affacciata sui Campi Flegrei, proprio davanti all’isola di Procida Il panorama è mozzafiato, con lo sguardo che abbraccia il Golfo di Napoli fino alla costiera sorrentina e le isole di Procida, Ischia e Capri. Una lunghissima e gloriosa storia di territori, genti e costumi che per secoli hanno abitato questo tratto leggendario della Campania, grazie anche alla speciale morfologia del territorio, con il duplice bacino, punto strategico e base navale romana nel Mar Tirreno.
Fondato intorno al IX sec. a.C. da naviganti greci, l’ager di Miseno, col porto ed il suo Monte ben presto divenne sede prediletta dell’elìte romana che fece erigere templi, terme e lussuose ville nei posti più panoramici, come la collina di Torregaveta e monte Grillo. La particolare fertilità del suolo vulcanico e la speciale posizione dell’ager ha sempre favorito l’agricoltura, con la coltura di grano e di vite in primis. Nei secoli la tradizione vitivinicola, forte di diversi vitigni autoctoni con cui si produceva il cosidetto “vino montese“, un vino molto richiesto al tempo, è rimasta pressocchè immutata e oggi, come allora, disegna i profili dei pendii che dalle colline tufacee rotolano a capofitto fino al mare.
IL PATRIMONIO RITROVATO
Un patrimonio di tradizioni, bellezza, saperi e ruralità che dedizione e fatica ha condotto fino ai nostri giorni per essere raccolto e valorizzato. Lavinum Wine Resort a Monte di Procida, è un antico casale rurale dell’800 sulla collina di Torregaveta, che Michele Lavina ha restaurato riportando all’antico splendore e funzionalità attraverso il ripristino degli antichi allevamenti terrazzati a strapiombo sul mare ed il recupero di antichi vitigni autoctoni, come biancolella, falanghina, aglianicone, aglianicuccio e primitivo.
La casa e la cantina conservano intatto l’ambiente sottostante, con le cave sotterranee, anticamente chiamate “piscine” che fungevano da cisterne d’acqua per l’irrigazione dei terreni e l’uso domestico. Un sistema ingegnoso di raccolta dell’acqua che, attraverso lunghe fenditure nella roccia viva, consentiva all’acqua piovana di percolare lungo le pareti interne fino alla cisterna dove veniva attinta, poi, con secchi calati con lunghe funi, garantendo l’autosufficienza alla corte. Oggi questi locali, dalla temperatura pressocchè costante, ospitano le botti e gli impianti per la vinificazione.
Un grande lavoro di recupero iniziato da oltre sei anni nel pieno rispetto del genius loci, come dimostra anche la valorizzazione di antichi attrezzi contadini nella sala ristorante, una sorta di dialogo ininterrotto tra passato e presente che rimarca l’importanza dei valori di questa terra: ruralità e tradizione. Al centro, l’antico torchio insieme al grande camino. L’esterno, ombreggiato da una leggera copertura non impattante, è un ponte ideale che sembra protendersi verso l’azzurro di mare e di cielo di un panorama spettacolare
Da circa un anno, il progetto si è ampliato anche a camere e cucina, recuperando la semplicità degli antichi alloggi colonici, ma con qualche confort in più, come la piscina a sfioro sul panorama di vigneti a strapiombo sul mare. Un luogo incantevole, dove sperimentare l’aperitivo di casa Lavinum con la Falanghina, sia in versione ferma che spumante, luminosa, elegante bouquet agrumato, fiori bianchi, secco, fresco, mineralità spiccata e sapido che invoglia il sorso successivo molte volte.
In abbinamento, il benvenuto di Christian Guida, giovane talentuoso chef dalla significativa esperienza, che ad un concept essenziale e salutare annette una speciale predilezione per l’arte bianca, con pani e lievitati a base di lievito madre, declinati in tante versioni golose, sia dolci che salate, dalle brioche per la colazione ai pani – ottimo quello ricoperto da cereali tostati!- fino ai panettoni sui generis, come quello farcito con salsiccia, friarielli e provola. Impossibile resistere!
RACCONTI DI TERRITORIO
Alle spalle del resort, frutta, verdure e ortaggi c’è il grande orto dal quale il giovane chef Christian Guida raccoglie personalmente verdure e ortaggi da utilizzare in cucina. La cucina rispetta il ciclo della stagionalità e il legame con la tradizione contadina del territorio per piatti della tradizione contadina locale più sani e ricchi di sapore. Un valore aggiunto non da poco, che segna decisamente identità territoriale dei vini, dei piatti e dell’intero progetto, facendo la differenza.
La cucina spazia tra i prodotti del mare, dell’orto e della terra, con ricette attinte dalle famiglie contadine locali, interpretate con rispetto ed un guizzo di sana euforia. Tra i più richiesti ci sono le eliche al sugo di coniglio, le pennacce di Gragnano al ragù di agnello con tartufo, i mezzanelli alla genovese, la parmigiana con melanzane del proprio orto, il trancio di pescato del giorno con i limoni raccolti nella tenuta. Anche le zuppe sono un must, come fagioli, cicoria e salsiccia con scaglie di pecorino.
Ciò che colpisce è anche la riservatezza di Michele e di Christian, scevra da ingombranti protagonismi. Ritorna in mente, l’antico adagio recitato, come un rosario, dai nonni “Meno è sempre più” . Meno fronzoli, meno vanità, meno scena. Più dedizione, più professionalità, più passione. Al centro, l’amore ed il rispetto per lavoro e territorio. Un esempio di valore e di laboriosa umiltà per tanti.
Carmen Guerriero