Anni fa, a Milazzo, in provincia di Messina, mi fu consigliato l’assaggio di un Moscato Passito di Pantelleria. Non amo i vini aromatici, men che mai dolci come il moscato. Per garbo acconsentii. Nel mentre accostavo l’orlo del bicchiere alle labbra, fui sorpresa da una finezza olfattiva, carica di aromi avvolgenti in suadente armonia. Il sorso, coerente, dipanò sulla scia di fiori di bergamotto, albicocche mature, zenzero candito, note mielate e spezie un racconto intimo e speciale di una terra carica di energia e baciata dal sole, dove il dialogo tra uomini e Dei si protrae da secoli.
Bukkuram è il passito da uve Zibibbo 100% coltivato nel tipico alberello pantesco, pratica riconociuta patrimonio Unesco dal 2014, prodotto a Pantelleria, in Sicilia, nell’omonima contrada. Non a caso Bukkuram è termine arabo che sta per “padre della vigna” ed indica il luogo atto a produrre le annate migliori. Una realtà che deve la sua genesi alla visione ed alla testardaggine di un uomo risoluto, Marco De Bartoli che ha fatto la storia del suo tempo.
Originario di Marsala, Marsa Allah (porto di Allah), città antichissima della Sicilia, sull’estrema punta che fronteggia la Libia, fondata dagli esuli fenici dell’isola di Mozia, De Bartoli è stato l’inconsapevole attore del rinascimento di un vino praticamente estinto, il Perpetuum, tipica produzione locale della cultura contadina, offerto in momenti speciali o in dono a prelati ed autorità cittadine dell’epoca.
Scoperto nel 1773 dal commerciante inglese John Woodhouse, il vino ‘Perpetuum’ fu fortificato con alcool a forte gradazione per sostenere il lungo viaggio in mare verso l’Inghilterra, dove incontrò gradimento e favore della nobiltà inglese, tant’è che nel 1832 Vincenzo Florio diede il via alla prima produzione del vino Marsala, segnando così l’inizio di un’epoca florida per l’economia e la straordinaria viticoltura locale. Ancora oggi, il tipico benvenuto cittadino è un bicchierino di ottimo Marsala, nel segno dell’antica tradizione culturare del territorio.
Ma se la viticoltura dagli anni 60 è stata condizionata dal commercio fiorente del Marsala, Marco de Bartoli, invece, coraggiosamente è andato controcorrente per affermare l’importanza dell’unicità del territorio e dei suoi vini. Un rapporto conflittuale che sottolinea, tra rammarico e furore, la disparità di posizione dei viticoltori nella filiera produttiva, in cui solo produttori e commercianti escono arricchiti e fa percepire la situazione di degrado della Sicilia del vino.
Prendendo le distanze, De Bartoli realizza il Vecchio Samperi, un vino che non ha nulla in comune con quello fortificato del Marsala e che si pone, invece, come alternativa. Da vitigno sconosciuto, per anni sotto il nome del Marsala fino al 1990, Marco De Bartoli propone il primo vino bianco da uve Grillo in purezza prodotto in Sicilia in stile definito pre-british, ovvero secondo gli antichi metodi ancestrali dei contadini locali.
Il Vecchio Samperi segue la metodologia del ricolmo delle botti, sistemate a piramide, di 5% di vino prelevato dalla botte superiore fino alla prima delle botti, riempita di vino dei tini. E’ declinato in versione 10, 20, 30 fino a 40 anni (soltanto 250 bottiglie).
Nel 1985, Marco De Bartoli decide di cominciare a produrre anche il Marsala Oro, Vigna La Miccia e Marsala Oro Sup. Riserva, un Marsala semi-secco innovativo, fortificando con mistella anzicchè mosto cotto, atteso che secco era già Vecchio Samperi e dolce il Bukkuram dalle vigne di Pantelleria. Un’intuizione che spinge fino a 30 anni di invecchiamento ed un unicum di aromi e profumi straordinari.
Uomo semplice, ma curioso ed intuitivo, cresciuto negli anni 60, in un contesto storico importante in cui all’abbandono progressivi dei sistemi tradizionali di viticoltura che- per ragioni economiche- iniziano a privilegiare la quantità a scapito della qualità, De Bartoli segue il suo istinto che lo porta a valorizzare e sperimentare una varietà antica, il Grillo, vinificato a freddo, sostituita da altre varietà come Trebbiano e Grecanico. Oggi l’azienda è condotta dai figli Renato, enologo, Giuseppina e Sebastiano.
Il racconto di Renato è appassionato e grato, consapevole di essere naturale continuità di una storia importante e, dunque, erede di un patrimonio culturale da custodire nella sua nobiltà, da cui attingere a piene mani per trarre ispirazione, nel segno ben tracciato dal padre, della passione per lo studio, della ricerca e dell’innovazione.
Il Grillo, protagonista della speciale degustazione, è stato presentato nelle sue diverse espressioni, forte della capacità dell’uva ad essere enormemente espressiva se lavorata in maniera naturale, contenendo le rese per pianta e curando la selezione dei grappoli ad uno ad uno, come rimarcato anche nell’etichetta di Grappoli del Grillo 2021, Grillo 100%, primo vino bianco prodotto da Marco de Bartoli. Il pensiero corre al ricordo di un calice dorato, brillante, un sorso quasi iodato, pregno di mineralità, sfaccettato di fico d’india, scorza di limone, zafferano, finocchietto selvatico. Sul filo della freschezza, il finale è lungo ed avvolgente.
Tante anime diverse a parità di uvaggio, ma tutte contraddistinte da quel piglio di originalità del fondatore. Terzavia Metodo Classico 2019, Brut Sicilia DOC da uve Grillo 100%, è l’espressione di un territorio che non smette di evolvere e di stupire applicato alla metodologia tradizionale francese. C’è tutta la possente personalità della varietà del Grillo, la solarità della terra di Sicilia, i profumi di crosta di pane s’avvinghiano a quelli agrumati e mediterranei in una simbiotica ascensione di minute e fitte bollicine. Eleganza e personalità per questo metodo classico che fa salivare ed invoglia il sorso, fino alla fine. Specchio di un territorio straordinario, capace di raccontarsi in tanti modi e di sorprendere, ogni volta.
Carmen Guerriero