di Carmen Guerriero
ALLE ORIGINI DI UN MITO
Archiviato l’abbinamento nazional popolare con la birra, Calici&Spicchi è il libro di Antonella Amodio che scandaglia nuovi abbinamenti tra vino e pizza, con topping diversi, da quelli classici a quelli più creativi.
La pizza è un patrimonio culinario che ha attraversato secoli di storia, dalla sua origine antica fino alla famosa Margherita. Mutuando il concetto del sommo poeta scrittore Publio Ovidio Nasone, una vera metamorfosi del gusto, oggi sublimata da tecnicismi di impasti salùbri e topping sempre più ricercati, fantasiosi e raffinati.
Ma come si coniuga la pizza in pairing con il vino? Lo spiega la Storia, a partire dalla consuetudine, abbastanza recente, di mangiare la pizza, soprattutto fritta e ripiena di ricotta e cigoli di maiale, accompagnata dal vino, soprattutto il Marsala, vino liquoroso siciliano, la cui dolcezza e alcolicità bilanciano deliziosamente la parte grassa e goduriosa della pizza.

E’ solo a partire dagli anni ’50, complice la licenza concessa alle pizzerie di vendere bevande alcoliche con una gradazione inferiore agli 8 gradi, che il binomio pizza&birra diventa una scelta naturale, più popolare ed economica, segno di convivialità e gioia da condividere con amici.
Tuttavia, ad onor del vero, malgrado il rituale pizza&birra sia abbastanza recente nella storia gastronomica italiana, documenti storici attestano i primi processi brassicoli a più di 6000 anni fa, tra l’Antico Egitto e la Mesopotamia.
PIZZA E VINO, UN CULT NELL’ANTICA POMPEI
La storia della pizza è lunga, complessa e affascinante. La “pizza”, ovvero pane schiacciato, ha avuto molte e diverse fasi di evoluzione, a partire già ….dal Neolitico. Testimonianze di pani schiacciati si ritrovano nell’area di tutto il Mediterraneo, con gli antichi greci che preparavano un pane piatto chiamato “plakous”, condito con aromi come aglio e cipolla e Dario il Grande, il re dei persiani, che amava un tipo di pane appiattito farcito con formaggio di capra e datteri.
A “casa nostra”, nell’antica Pompei, il cantiere dei nuovi scavi della Regio IX, ha rilevato su una delle pareti dell’atrio l’ affresco di una natura morta di duemila anni fa – che ricorda la “pizza” dei nostri giorni- raffigurante una focaccia di forma piatta, condita con una sorta di pesto (moretum in latino), a base di olio d’oliva, spezie ed erbe aromatiche, chicchi di melograno e frutta secca, datteri in primis.

Si tratta di un genere di immagini, noto in antico con il nome xenia, che prendeva spunto dai “doni ospitali” che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca, risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.). Sullo stesso vassoio d’argento, accanto a datteri e melograni, un … calice di vino! Falernum?
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DALLA PIDE TURCA ALLA PITA GRECA
In tutto il bacino del Mediterraneo, il pane lievitato schiacciato è ancora oggi una tradizione plurisecolare. L’etimologia della parola pizza è simile a quella turca, pide, greca, pita, italiana, piada, tutte derivanti da radici che indicano la cottura in forno.
In Turchia la pide (da non confondere con il pane, comunemente chiamato Bazlama, una sorta di mix tra una pita greca e una piadina italiana), è un tipico impasto di acqua e farina modellato in forma oblunga, cotto in forno, farcito con carne, verdure miste, spezie e una specie di formaggio, una pietanza simile alla pizza italiana (altrettanto buona!)

In Grecia, la pita è un tipo di pane lievitato, dalla tipica forma tonda e leggermente schiacciata, cotto nel forno a una temperatura molto alta, rendendolo gonfia e vuota al centro. Viene farcita, solitamente, con pomodori, olive nere, feta, cipolle, cetrioli e salsa fresca tzatziki a base di yogurt.
Interessante notare che, anche qui l’abbinamento tradizionale ideale è ancora alcolico, con Raki (Turchia) e Retsina e Ouzo (Grecia).
L’EVOLUZIONE PIZZA A NAPOLI.
Le prime attestazioni scritte del termine pizza, così come a noi noto, risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997. Dal XVI secolo, a Napoli, il pane schiacciato derivante dall’antica “píta” greca, diventa “pizza”. All’inizio era solo un disco di pasta cotto in forno e condito in bianco, con olio d’oliva e acciughe, una marinara diversa da quella attuale.
Dal XVII secolo, la pizza fu arricchita con anche con mozzarella, formaggio e salsa di pomodoro. Celebre la pizza Margherita, a base di salsa di pomodoro, mozzarella e basilico i colori della bandiera italiana, creata nel 1889, dal cuoco Raffaele Esposito per onorare la Regina Margherita di Savoia.

La pizza è molto più di un semplice piatto; è un simbolo tangibile di cultura, tradizione e passione, dalle numerose proprietà benefiche, tra cui un sano equilibrio nutrizionale: carboidrati complessi dall’impasto lievitato, calcio e proteine dalla mozzarella, essenziali per la salute di ossa e muscolatura e lipidi dall’olio extra vergine d’oliva che contribuisce a mantenere i grassi insaturi al minimo. A tanto, il pomodoro apporta vitamine ed antiossidanti, fondamentali per la salute delle nostre funzioni vitali.
Infine, last but non least, la pizza, grazie alla ricchezza di nutrienti essenziali come gli Omega-3, magnesio e antiossidanti può sostenere la salute e la funzionalità del cervello andando ad influenzare la produzione di neurotrasmettitori importanti per il benessere mentale. Infatti è considerato un classico cibo consolatore, in grado di migliorare l’umore e creare gioia conviviale.
CALICI&SPICCHI ALL’OMBRA DEL VESUVIO
Il libro della Collega Antonella Amodio ha fatto il giro della Campania, destando curiosità ed interesse. Nella speciale occasione che qui ci occorre, è approdata alle falde del Vesuvio, da Prisco Pizza & Spirits, il locale di Jack Prisco, a Boscotrecase, in provincia di Napoli.
Immerso nel Parco naturale del Vesuvio, area straordinariamente ricca di biodiversità, di storia e di misteri che nel 79 d.C. fu tragica spettatrice della devastante eruzione del Vesuvio che inghiottì gli ignari abitanti di Pompei ed Ercolano, Prisco Pizza&Spirits è una fucina di progetti e sperimentazioni in continuo divenire. Giacomo Prisco, Jack, appassionato della sua terra- potente, straordinariamente ricca di mineralità, è un pò l’antesignano del fenomeno della mixology, a base di erbe e botaniche del Vesuvio, applicata al binomio cocktail-pizza.

Il locale è strutturato in un’ampia zona interna ed una esterna, con un delizioso dehor panoramico, coperto da rampicanti ed illuminato da luci soffuse. Mi preme sottolineare anche la squisita accoglienza di Jack, della sua famiglia, del personale e di Nadia Taglialatela, giornalista e PR nonchè della sensibilità pet friendly, valore aggiunto che implica, però, rispetto da entrambe le parti. La mia Stellina, maltesina di 10 mesi, per tutta la serata è stata educatamente all’interno del suo trasportino poggiato su una sedia, senza mai essere invadente (ringrazio la Collega Marina Alaimo per lo scatto).
La pizza servita “maruzzella”, è una delle interpretazioni di Jack Prisco, una singolare marinara croccante in padellino, dalla doppia cottura (vapore e forno), condita con salsa di antico pomodoro di Napoli, precursore del san Marzano, Pomodorini del Piennolo del Vesuvio, pomodorini gialli dell’azienda Giangiù, olive nere caiazzane, origano e aglio del Vesuvio, alici di Cetara, Olio extravergine di oliva “Pregio” (Colline Salernitane DOP)
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Bartender esperto ed appassionato sommelier, Jack Prisco nella sua pizzeria propone un’innovativa carta dedicata ai vini “vulcanici”, il che rende il suo locale una meta perfetta per parlare di cultura del beverage.
L’abbinamento tra pizza e vino rosso è un’arte che può trasformare un pasto semplice in un’esperienza gustativa straordinaria. Il pairing scelto da Antonella Amodio è 7 Moggi, Piedirosso Vesuvio DOC 2022, dell’azienda vesuviana Sorrentino vini, con la presenza della terza generazione della famiglia, Giuseppe Sorrentino, CEO aziendale e Maria Paola Sorrentino, dedita all’accoglienza ed all’enoturismo.
Fedele alle radici tradizionali, l’azienda vitivinicola vesuviana produce varietà autoctone: Caprettone, Falanghina, Catalanesca, Piedirosso, localmente detto “per’e palumm” per la colorazione rosso-violacea del tralcio, del rachide che ricorda il colore del piede del colombo e Aglianico. E’ artefice di molteplici iniziative, focalizzate su ricerca ed esaltazione delle coltivazioni biologiche, per ottenere i massimi risultati da un territorio di straordinaria fertilità e distintiva mineralità.

(In copertina,il libro Calici&Spicchi con il vino scelto in abbinamento, Piedirosso Sorrentino vini@TWM)
