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PANTELLERIA, ZIBIBBO, TRE GIORNI CHE FANNO RIFLETTERE

“Zibibbo è Pantelleria”. La tre giorni dell'amministrazione comunale contro una “sicilianizzazione” dello storico vitigno.

Pantelleria. Un’isola che è tante isole, come amano dire i locali. Paesaggi struggenti che già nella preistoria, ammaliarono le prime genti, i Fenici Sesioti, quando approdarono sull’isola in cerca della preziosa ossidiana. Risale, però, ai Cartaginesi, nel 200 a.C., il primo approccio con il vino isolano. Seducente, denso dei profumi dell’isola e dorato fu amato subito, al primo sorso.
Oggi come allora, lo zibibbo seduce e ammalia chiunque abbia il privilegio di poterne assaggiare. Già, perché è una rarità, a partire dalla speciale pratica agricola di coltivazione della vite ad alberello, tipica dell’isola di Pantelleria, tramandata nei secoli solo per tradizione orale dai contadini panteschi, che nel 2014 ha ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Unesco.

Vincenzo Campo, credit@TWM

UN CONVEGNO PRO ZIBIBBO

Il comune di Pantelleria, nella persona del Sindaco Vincenzo Campo ha lanciato l’evento “Zibibbo è Pantelleria”, una full immersion di tre giorni dal 5 al 7 Maggio che ha coinvolto varie figure professionali, da esperti, a politici, a giornalisti a produttori panteschi per possibili soluzioni allo “status” precario, difficile, vulnerabile, stanco… dello Zibibbo di Pantelleria”.

Punto di partenza, gli esiti infausti delle modifiche dei disciplinari della Doc Pantelleria e Doc Sicilia che, tra il 2015 e il 2019, hanno previsto che lo zibibbo, moscato d’Alessandria, possa essere coltivato anche fuori gli ambiti territoriali di Pantelleria ed utilizzata la dicitura “Zibibbo” anche se presente in minima parte e non proveniente dalla Doc Pantelleria.

Tanto avrebbe determinato nel giro di pochi anni un incremento massiccio delle coltivazioni di zibibbo nei territori in provincia di Trapani, “passate da poche decine a quasi 3mila ettari” – così il sindaco Campo, a decremento della viticoltura pantesca, con gli ettari vitati a Moscato di Alessandria passati “in poco meno di sessant’anni da 5mila a 429, i viticoltori da 3.700 a 350 e i quintali di uva da 200.000 a 18.000”. La preoccupazione di una “sicilianizzazione” dello Zibibbo viene, dunque, percepita come uno “scippo” della Doc Sicilia ad una viticoltura millenaria, simbolo elettivo di Pantelleria.

Uno “scippo” legalizzato e consumato all’interno del Consorzio della Doc Pantelleria – ha sottolineato Campo – grazie alle deleghe conferite dai viticoltori puri (conferitori di uva) alle due principali cantine imbottigliatrici (oltre il 70% del prodotto commercializzato) all’assemblea dei soci consortili. Delega che le cantine hanno utilizzato, poi, secondo le proprie priorità».

Giampietro Comolli, credit@TWM

UNA DOCG TRA LE PROPOSTE 

Il nome zibibbo, millenario a Pantelleria oggi figura , come vitigno o sinonimo di moscato, in etichetta principale della doc Sicilia e Igt Terre Siciliane…ma non nella doc Pantelleria! – ha spiegato Giampietro Comolliuno dei più grandi esperti negli anni di consorzi e vini DO, allievo di Fregoni e Scienza, chiamato come consulente del comune di Pantelleria.” Occorre correre subito ai ripari: non abbassando il livello o l’asticella dei controlli alla Doc ma elevando valore identità pregio con la Docg. Solo per una sola tipologia sulle 9 esistenti, addirittura quella oggi meno usata rispetto alla denominazione del vino liquoroso, vino moscato passito che rappresentano più dell ‘80% della produzione totale immessa sul mercato nazionale ed estero. Un contenitore unico, una bottiglia unica, una etichetta unica, una tipologia unica –  ha continuato Comolli- anche se di minori volumi… ma che rappresenta il patrimonio Unesco vero, la ricchezza isolana, il futuro è l’avvenire delle giovani generazioni“. 

Dunque, estrapolare da Pantelleria doc, che vanta 9 tipologie, la doc passito e farne docg passito naturalePantelleria docg zibibbo classico naturale dolce”.

ZIBIBBO, DA DOC A DOCG?

Per poter comprendere il complesso meccanismo sotteso a tale ipotesi, bisogna partire dalla definizione di Marchio DOC, acronimo di denominazione di origine controllata, compresa nella più ampia accezione delle DOP (denominazioni di origine protetta), che identifica le produzioni vinicole di una zona di un dato territorio.

Il primo passo significativo verso la tutela e la valorizzazione della produzione vitivinicola è la Legge 3/2/1963 n.116 “Delega al governo ad emanare norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei vini” , seguita dalla Legge 10/2/1992 n.164“Nuova disciplina delle denominazioni d’origine”, che ha definito Denominazione di Origine ilnome geografico di una zona viticola particolarmente vocata”, inquadrando l’intera produzione vitivinicola, con facoltà ai produttori di indicare anche il vitigno.

Successivamente, il cosiddetto decreto Semplificazioni, (D.L. n. 76/2020, conv. L. 120/2020) ha apportato modifiche al TU della Vite e del Vino (L.n.238/2016), con limitazioni ancora più stringenti, prima tra tutte (art.33, co.1) circoscrivendo il riconoscimento “esclusivamente all’intera denominazione e non più solo a una sua zona o tipologia”.

alberelli panteschi, credit@TWM

DISCIPLINARE, STRUMENTO STRAORDINARIO DI TUTELA
A sgombrare il campo da ogni dubbio è il disciplinare di produzione Pantelleria DOC, istituito nel 1971, che, all’art.1 dispone che la DOC è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti prescritti dal “presente disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie”: Moscato di Pantelleria; – Passito di Pantelleria; – Pantelleria-Moscato spumante; – Pantelleria-Moscato dorato; – Pantelleria-Moscato liquoroso; – Pantelleria- Passito liquoroso; – Pantelleria-Zibibbo dolce; – Pantelleria- Bianco, anche Frizzante.

Dispone, altresì (art.2) che i vini devono essere ottenuti esclusivamente con uve del vitigno Zibibbo, ad eccezione del tipo Bianco, anche Frizzante.

Circa la zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a Denominazione d’Origine Controllata “Pantelleria” l’art.3 precisa che “comprende l’intero territorio dell’isola di Pantelleria, in provincia di Trapani. Al successivo art.4sono specificati i parametri che devono essere rispettati per la produzione massima di uva per ettaro nonchè il titolo alcolometrico volumico naturale minimo, precisandosi che la produzione non deve superare il 20% dei limiti suddetti. Qualora venga superato anche tale ultimo limite, tutta la produzione non avrà diritto alla Denominazione d’Origine Controllata. Ne consegue che, il dettato normativo del disciplinare è riferito all’intera produzione viticola che si fregia del marchio DOC e non, invece, al singolo vitigno.

Anche l’ipotesi di appellare lo zibibbo come “classico” appare ostativa ex art.7, (etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’Art.1), atteso il divieto “all’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “fine”, “scelto”, “selezionato”, “classico“, “riserva” e similari.

Una questione complessa e molto articolata, quindi, che richiede, per l’individuazione di possibili soluzioni, necessariamente il coinvolgimento di tutti gli attori in campo e una ferma volontà politica. Certo, una strada impervia e tortuosa da percorrere, ma è un atto dovuto per Pantelleria, la sua storia e i suoi viticoltori, preziosi custodi di sapienze secolari.

Carmen Guerriero

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